La maggior parte di noi ha ormai familiarità con la parola bullismo o ha subìto, addirittura, azioni legate a questo fenomeno.
Ma ne conosciamo a fondo le caratteristiche?
Gli elementi che permettono di distinguere tra le baruffe o le prepotenze tra ragazzi e le vere e proprie azioni di bullismo sono:
- intenzionalità: il bullo sa di fare male ed intende farlo, desidera far sentire il compagno intimidito, minacciato o impotente, perché da queste azioni prova piacere;
- persistenza nel tempo;
- asimmetria della relazione: il bullo esercita il suo potere sulla la vittima che non è in grado di difendersi;
- mancanza di sostegno: la vittima non è in grado di chiedere aiuto per timore di rappresaglie o vendette.
Per queste sue caratteristiche intrinseche è difficile parlare di bullismo nella scuola dell’infanzia in quanto manca la consapevolezza e l’intenzionalità ad agire violenza.
Tre principali manifestazioni
Il bullismo può esprimersi in tre forme principali:
- diretto: aperti attacchi sia fisici che verbali (azioni violente, insulti, prese in giro, minacce, danni, furti, ecc …);
- indiretto: azioni finalizzate a provocare l’esclusione da un gruppo, l’isolamento sociale, a danneggiare la reputazione altrui (divulgazione di calunnie e/o dicerie pettegolezzi, denigrazioni, storie offensive);
- elettronico o cyberbullismo tramite sms, e-mail, messaggi in chat o sui social network, immagini, video con contenuti offensivi o non rispettosi della riservatezza delle persone.
È un fenomeno che coinvolge entrambi i sessi, anche se con modalità di azione diverse: i ragazzi sono più coinvolti in aggressioni dirette e fisiche mentre è molto più probabile che le ragazze agiscano a un livello più subdolo, cercando di ferire gli altri attraverso la prevaricazione e la violenza psicologica, colpendo così la sfera più intima della vittima.
Il bullismo vede un picco di episodi tra gli 11 ed i 13 anni per poi diminuire progressivamente. Le modalità di azione variano in base all’età: tra i piccoli si verificano soprattutto episodi di aggressione fisica (calci, pugni, percosse e spintoni) mentre i grandi prediligono azioni che vanno ad incidere a livello relazionale.
Classificazione intensità
Gli episodi di bullismo possono essere distinti in base alla loro intensità:
- alta: le azioni sono ripetute e conclamate ed hanno una grave ripercussione fisica e/o psicologica; prevedono l’intervento delle forze dell’ordine e/o la denuncia/querela;
- media: le azioni ripetute hanno una spiacevole ripercussione fisica e/o psicologica; prevedono l’attivazione delle forze dell’ordine per gli episodi di Cyberbullismo;
- bassa rientrano in questo livello azioni come l’uso di linguaggio offensivo, litigi online, esclusione da chat, molestie, “scherzi” spiacevoli, lievi prepotenze, discriminazioni, uso improprio dei dispositivi durante le ore di lezione; non prevedono necessariamente l’attivazione delle forze dell’ordine.
Gli attori coinvolti
Quali sono tutti gli attori coinvolti degli episodi di bullismo?
- il bullo: colui che agisce direttamente, o in maniera subdola, azioni di sopruso o prevaricazione; può essere ulteriormente distinto in:
• dominante: ha una forza indubbiamente maggiore rispetto alla vittima o agli altri compagni e proprio su questo fattore verte il suo potere, sulla classe o sul “branco” di bulli;
• gregario: agisce per conto di un compagno che rappresenta il “capo” del gruppetto dei bulli, sostenendone il potere; - la vittima: colui che subisce le azioni di bullismo; può essere:
• passiva: generalmente è una persona fragile, timida, tendenzialmente isolata e poco propensa a chiedere aiuto, reagisce chiudendosi ancora di più in se stessa e viene scelta proprio per la sua vulnerabilità. Mostra spesso ansia e insicurezza, ha qualche difficoltà scolastica e risulta di solito poco abile nelle attività sportive e di gioco, tendendo quindi ad essere emarginata;
• provocatrice: tende con il suo atteggiamento ansioso, irritante ed irrequieto a provocare in qualche modo l’azione del bullo; - gli spettatori: tutti coloro che assistono agli episodi di bullismo. Possono essere distinti ulteriormente in:
• sostenitori del bullo: con il loro atteggiamento rafforzano il comportamento del bullo il quale prova gratificazione dalle attenzioni e dalla paura o dal compiacimento degli altri; agiscono così per antipatia nei confronti della vittima o per desiderio di entrare nei favori del bullo;
• difensori della vittima: persone carismatiche che intervengono in maniera attiva a difesa del compagno verso il quale hanno un atteggiamento empatico;
• maggioranza silenziosa: tutti gli altri compagni che evitano di esporsi in qualsiasi modo, sono coscienti di quanto succede ma restano inerti assumendo un atteggiamento quasi omertoso, legittimando di fatto in questo modo le azioni del bullo. Spesso non intervengono per paura di diventare a loro volta delle vittime, restano spettatori neutrali, per mancanza di carisma che consenta di ribellarsi.
Il bullismo non è un problema solo per la vittima, ma anche per tutte le persone che sono a conoscenza di questi comportamenti o che vi assistono, per il clima di tensione e di insicurezza che si instaura.
Moltissimo quindi dipende dai compagni che possono almeno allertare gli insegnanti o gli adulti di riferimento e permettere di interrompere in qualche modo gli episodi. Anche l’inclusione della vittima nel resto del gruppo permette in qualche modo di proteggerlo e svincolarlo dalla sua posizione isolata. Solo una posizione aperta di condanna nei confronti di queste azioni può almeno disincentivarle se non interromperle.
Gli adulti
Il comportamento degli adulti presenti nel contesto in cui gli episodi di bullismo avvengono (scuola, ambienti informali, attività sportive, oratori …) è fondamentale per il radicamento o meno del fenomeno. Se si è attenti alla dimensione di gruppo ed alle relazioni tra i ragazzi, c’è la possibilità di intervenire in maniera tempestiva, ridurre o impedirne l’insorgenza. E’ importante che i professionisti che lavorano a vario titolo con i giovani (insegnanti, personale scolastico, educatori, allenatori, ecc …) siano formati per capire come intervenire e come interpretare le relazioni tra i ragazzi, per non sottovalutare eventuali segnali o richieste di aiuto.
L’atteggiamento degli adulti nei confronti dei ragazzi influenza molto il loro modo di porsi rispetto al fenomeno: le vittime, di fronte all’indifferenza dei grandi, si sentono ancora più sole ed impossibilitate a trovare un aiuto ed una via d’uscita; i bulli invece si sentono autorizzati a proseguire nel proprio agire. Entrambi comunque non percepiscono l’adulto come una figura abbastanza autorevole o interessata a porre fine agli episodi.
I genitori stessi devono essere attenti e cogliere eventuali segnali di bambini e ragazzi, restando sempre a disposizione ed in relazione con loro per accogliere qualsiasi bisogno. Inoltre lo stile educativo della famiglia influenza moltissimo le modalità di relazione dei figli con gli altri compagni.
E’ importante quindi che gli adulti trasmettano ai ragazzi il senso di responsabilità, promuovendo comportamenti cooperativi ed empatici. Rinforzare il loro senso di giustizia e la fiducia nell’altro può insegnare ai ragazzi che chiedere aiuto o denunciare non significa cedere, ma avere coraggio.
Ma la prima regola per i grandi è essere presente nella relazione ed essere un punto di riferimento per i ragazzi.